ZENITH EL PRIMERO: STORIA DEL CRONOGRAFO SVIZZERO

ZENITH EL PRIMERO: STORIA DEL CRONOGRAFO SVIZZERO

È cosa abbastanza comune nell’orologeria che un marchio venga associato a una particolare complicazione o viceversa. Basti pensare a Breguet con il tourbillon, a Patek Philippe con le ore del mondo oppure a Piaget in termini di meccanismi ultrasottili.
Se quindi ora vi chiedessi di chiudere gli occhi e pensare a un cronografo, molto probabilmente pensereste a un orologio Zenith. Avete immaginato un Rolex Daytona? Per certi versi avete immaginato uno Zenith anche voi. Vedremo più avanti il perché.

ZENITH EL PRIMERO, UN CRONOGRAFO DALLA STORIA ROCAMBOLESCA

Non è questa la sede per discutere la storia e l’importanza della cronografia nell’orologeria: il cronografo è una delle funzioni più antiche e utilizzate da sempre, che qualsiasi orologiaio, marchio o produttore di movimenti ha implementato e rifinito. Il contributo di Zenith è relativamente recente, ma ha avuto un impatto fondamentale. Il contesto iniziale è quello degli anni 60, quando ancora gli orologi erano effettivamente degli strumenti la cui precisione e funzionalità ne determinavano il successo oltre che contribuire attivamente alla vita di chi li indossava. Un po’ come lo smartphone dal quale state leggendo oggi questo articolo.
Nel 1962 Zenith lancia un progetto estremamente ambizioso: costruire il primo cronografo automatico della storia, che sia anche il più preciso. Parliamoci chiaro, quella che oggi suona come un’ovvietà all’epoca era fantascienza: di orologi automatici ne circolavano pochi e il cronografo era una complicazione sì sviluppata e precisa, ma costantemente in equilibrio tra precisione e durabilità. Per farla breve, immaginatevi oggi di dover progettare uno smartphone pieghevole, ultrasottile e a ricarica solare. Ecco.

 

Torniamo agli anni 60: la complessità del progetto e la volontà di inserire anche la data nel meccanismo senza venire meno ai criteri di design e vestibilità della marca, fanno sì che al lancio sul mercato nel 1969 El Primero – nome che rende l’idea – non sia il primo cronografo automatico della storia. Tuttavia sfido chiunque a ricordarsi i due orologi che cronologicamente l’hanno “battuto”: El Primero pur essendo arrivato terzo possedeva una rifinitura e una qualità che a distanza di oltre mezzo secolo fanno illuminare ancora gli occhi degli appassionati.
El Primero A386 condensava in una cassa da 38 mm un meccanismo cronografico integrato e automatico che oscillava ad una frequenza decisamente superiore allo standard di mercato; preciso, compatto e con un quadrante estremamente leggibile con tre contatori cromaticamente in scala e lievemente sovrapposti. La conquista del tempo faceva un ulteriore passo avanti. Un successo enorme, direte voi: si e no.

 

 

L’OROLOGIAIO CHE SALVÒ EL PRIMERO

Gli anni Settanta vedono l’avvento del quarzo e la crisi della meccanica: livelli di precisione mai ipotizzati prima sono raggiungibili grazie a un oscillatore di precisione industriale molto costoso ma con economie di scala incredibili, in grado di far sembrare preistorici quasi tutti i livelli di precisione raggiunti sino ad allora.
L’orologeria svizzera, basata sulla meccanica, si arresta delicatamente come il Titanic contro l’iceberg e la nuova proprietà statunitense di Zenith ritiene che perseguire la strumentazione digitale sia più profittevole di produrre orologi meccanici, e sostanzialmente ordina lo smantellamento completo.

Senza dilungarsi troppo, la leggenda narra che un orologiaio chiamato Charles Vermot – convinto sostenitore della nuova creatura meccanica – nascose in una soffitta i progetti inerenti a El Primero, salvandoli così dall’epurazione totale e preservandoli per il futuro. La soffitta esiste ancora ed è parte dell’attuale manifattura Zenith, Charles Vermot è esistito davvero e quindi un po’ di romanticismo orologiero è più che concesso e ci piace immaginare questa sorta di Indiana Jones di Le Locle che con fare partigiano nasconde progetti nel cuore della notte.
Per farla breve il quarzo fu sì un successo, perché dopo secoli l’uomo aveva raggiunto l’obiettivo inseguito da sempre: misurare con estrema precisione il tempo. Ma essendo uomo e non robot, questo si rese presto conto che il prezzo pagato era stata la perdita della magia generata dalla meccanica e che il ticchettio meccanico seppur meno preciso era più fascinoso dell’infallibile ronzio del quarzo.
La soffitta di Vermot si trasformò quindi nell’equivalente orologiero della tomba di Tutankhamon: El Primero rinacque e negli anni venne declinato in numerose varianti e forme senza mai venir meno alle proprie caratteristiche tecniche di precisione. Tant’è che la stessa Rolex, prima di sviluppare una propria versione di manifattura, per anni scelse questo meccanismo per alimentare le performance del Daytona, cosa apprezzata e ricercata ancora oggi dai collezionisti.
Torniamo a Zenith. Tra le varie declinazioni de El Primero, vi fu anche la versione scheletrata. La scheletratura in orologeria è un passo a dir poco azzardato: un conto è fare un bel quadrante, un conto è svelare con orgoglio quello che vi sta sotto. Una sorta di prova costume orologiera, per capirci.

In aggiunta alternativa alla scheletratura, nel 2003 Zenith ha introdotto il Chronomaster Open, con l’obiettivo di rendere il cuore pulsante ad alta frequenza del suo calibro El Primero il più visibile possibile. Per la prima volta nella storia dell’orologeria, un cronografo era caratterizzato da un quadrante parzialmente aperto esclusivamente per mostrare l’organo regolatore e lo scappamento. Il Chronomaster Open ha riscosso immediato successo, apprezzato per il suo design audace, che sfida tuttora l’occhio dell’osservatore abituato a vedere una scheletratura completa o in certi casi un tourbillon.

 

ZENITH EL PRIMERO OGGI

Dopo quasi vent’anni, a Watches & Wonders 2022 Zenith ha presentato il nuovo Chronomaster Open.
Con l’introduzione nel 2021 della nuova versione aggiornata di El Primero 3600, che vanta una funzione cronografo con precisione di lettura al 1/10 di secondo e un’efficienza migliorata, era arrivato il momento di adattare e introdurre le ultime innovazioni per l’emblematico Chronomaster Open. Molto più di un semplice rinnovamento, il nuovo Chronomaster Open presenta le linee e le caratteristiche dell’ultima generazione della collezione Chronomaster. Una fusione tra l’eleganza sportiva del Chronomaster Sport e l’ispirazione storica del Chronomaster Original, per un’interpretazione moderna dell’emblematico cronografo El Primero di Zenith.
Rivisitando l’iconica configurazione del quadrante tricolore dell’iconico A386, l’ultima versione del Chronomaster Open conserva appieno questa caratteristica, aggiungendo un tocco trasparente. A differenza della precedente versione, in cui il contatore dei piccoli secondi a ore 9 è stato completamente eliminato, i tre colori dei contatori vengono qui mantenuti grazie a un elemento di cristallo esalite che funge da contatore leggibile, facendo intravedere la ruota di scappamento in silicio a forma di stella. Anche l’apertura stessa è stata rivisitata: il bordo applicato della versione precedente è stato sostituito con aperture circolari con bordi smussati che rivelano il movimento dotato di ponti più dritti e dalla tonalità grigia più contemporanea.

 

 

In risposta alla domanda recente di orologi con proporzioni più modeste, la cassa rotonda adesso misura 39.5 mm rispetto al precedente modello da 42 mm, con anse più sottili e finestrelle dotate di una lucidatura più pronunciata sui bordi. I pulsanti a pompa adesso sono caratterizzati da punte arrotondate, per un tocco più ergonomico. Il tutto disponibile sia in acciaio con due combinazioni di quadrante e con cinturino o bracciale, oppure in oro rosa con cinturino e quadrante bianco.
Visibile attraverso il fondello in vetro zaffiro, il movimento cronografico automatico El Primero 3604 con precisione al 1/10 di secondo è una versione modificata del 3600 presente nel Chronomaster Sport, caratterizzata da platina e ponti a base aperta che consentono una visione più chiara dello scappamento ad alta frequenza di 5 Hz, con ruota di scappamento e ancora in silicio che non richiedono lubrificazione. Il meccanismo di carica automatico con una massa oscillante aperta a forma di stella assicura un’efficace riserva di carica di 60 ore.
Pochi orologi riescono in un colpo solo a fondere meccanica, stile, precisione, modernità a vestibilità come il nuovo Chronomaster Open. Charles Vermot sarebbe sicuramente soddisfatto.

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