
Watches & Wonders 2022: il ritorno delle fiere nell’orologeria
A tre anni di distanza da quando venne calato il sipario su quella che sarebbe poi stata l’ultima edizione della centenaria Baselworld, in Svizzera si sono accesi nuovamente i riflettori su una fiera di orologeria in presenza, con un nuovo formato nella cornice ben conosciuta del Palexpo di Ginevra: parliamo ovviamente del Watches and Wonders 2022.
Il settore dell’orologeria nel frattempo è cambiato, così come le sue dinamiche: per necessità il mondo digitale è entrato con prepotenza nella quotidianità degli addetti ai lavori, permettendo di compensare l’impossibilità di presentare il prodotto fisicamente con eventi digitali. Allo stesso tempo, i Brand hanno distribuito le presentazioni delle loro novità in ambito sia temporale che geografico, con piccoli eventi delocalizzati e diluiti nel corso dell’anno.
Ma non bastava, ed è per questo che l’attesa per Watches & Wonders 2022 era alta. Sia perché il settore orologiero sta vivendo un periodo di crescita e di interesse da parte del pubblico quasi senza precedenti, sia perché per la prima volta dopo oltre vent’anni sotto un unico tetto si sarebbero ritrovati tutti i grandi player del settore: i partecipanti di quello che fu il SIHH e i Marchi che erano rimasti a Baselworld. Il dubbio era condiviso un po’ da tutti: quale lato prevarrà? L’elegante uniformità di Ginevra, o lo spirito fieristico indipendente e caotico che per decenni ha caratterizzato Basilea?

Watches and Wonders 2022: il connubio tra due mondi
Nessuno dei due. Watches & Wonders è stata per chi scrive il connubio perfetto tra due mondi fino a qualche anno fa considerati quasi opposti. Il Palexpo – sede storica del SIHH – è stato infatti ricombinato creando due ampie aree: da un lato i marchi del vecchio SIHH, dall’altra i neo arrivati da Baselworld. A questi ultimi è stata concessa la libertà di trasferire gli stand di Basilea, fortemente caratteristici anche dall’esterno e credo che molti partecipanti si siano sentiti quasi rassicurati dal vedere gli stand di Rolex e Patek Philippe ergersi uno di fronte all’altro, nella stessa combinazione che avevano visto varcando l’uscita di Baselworld inconsapevolmente per l’ultima volta.

Non c’è stato uno scontro tra filosofie, ma una naturale evoluzione e combinazione che ha visto lo spirito fieristico di Basilea fondersi con la tranquillità e la qualità del servizio di Ginevra, trovando al centro anche lo spazio per ospitare i Brand emergenti o indipendenti e un anfiteatro polifunzionale. Gli stoici amanti di Basilea hanno sicuramente notato e sofferto in parte l’assenza di tutto quell’indotto accessoristico che si creava nel titanico “Messe”, che nei tempi d’oro della Fiera creava sì code infinite per qualsiasi tipo di attività, ma che conferiva anche un lato estremamente umano e democratico a tutto l’evento: pur condividendo in parte quella nostalgia, non sarebbe stato possibile condensare la quantità di Brand e incontri di Watches & Wonders, se non con l’atmosfera, la calma e l’efficienza dei servizi ereditati dal SIHH.
Watches&Wonders: l’evoluzione del settore dell’alta orologeria
Il settore è cambiato, come si diceva poc’anzi: e in effetti le vere e proprie sorprese in termini di prodotti sono state relativamente poche per gli addetti ai lavori. La contaminazione di presentazioni digitali, anteprime e preview è rimasta anche nel 2022; così che in parte sapevamo tutti cosa stavamo per vedere e se si aggiunge la pratica ormai assodata dei Brand di caricare al mattino del primo giorno tutte le novità online, le rivelazioni vere e proprie in teoria sono state limitate. Nonostante ciò, l’emozione di vedere i prodotti dal vivo, indossarli e osservarli con gli occhi ma anche e soprattutto con le mani è stata la stessa del passato.
Il settore è in crescita e Watches & Wonders è stata la conferma di ciò. Non si può parlare di una fiera della rinascita, per un settore che dopo aver accusato come tutti l’impatto iniziale della pandemia si è ripreso più velocemente di altri, raggiungendo risultati record nel 2021 e attraendo sempre più persone interessate. Non è stata quindi la resurrezione delle ceneri come in tanti altri settori: la Fenice dell’Orologeria volava già alto nel cielo; però è stato estremamente piacevole vedere il pubblico dedicare attenzioni ed entusiasmo a tutti gli espositori, cosa che in passato erano solitamente riservati a pochi noti blasoni.

Brand e innovazioni
Non è stata una fiera di rivoluzioni e stravolgimenti, i vari Brand hanno deciso di continuare a fare ciò che reputano essere il loro core business e quello che fanno meglio, anziché inseguire indiscriminatamente il trend del mercato sul momento, con qualche nota di innovazione come è giusto che sia. Non si può negare che la scelta di Patek Philippe di non presentare l’erede del 5711 e quella di Rolex di non intervenire in maniera decisa su nessuno dei propri modelli di punta, ha contribuito a distribuire le attenzioni del grande pubblico su tutti gli espositori, che hanno portato a offerte diversificate ma concrete: Bulgari è andato oltre il concetto di “finissimo”, Ulysse Nardin è riuscita ad evolvere il Freak, così come Jaeger Le-Coultre ha ridato lustro all’Atmos. Vacheron Constantin ha riproposto l’iconico 222 aggiungendola alla linea Historiques che rappresenta uno dei suoi migliori cavalli di battaglia. Cartier ha rifinito le proprie collezioni iconiche, dal Santos al Ballon Bleu, per poi arricchire l’esclusiva selezione “Privé” di veri e propri capolavori di eleganza e spesso dedicati al pubblico femminile, confermando nuovamente insieme anche a Piaget e Chopard che il Tempo non è un’esclusiva maschile.
Tudor si è concentrata su poche referenze per rendere ulteriormente più solida e definita la propria offerta, Zenith ha presentato solo orologi con cronografo, complicazione che l’ha sempre contraddistinta mentre Rolex e Patek Philippe hanno ribadito al mondo quale siano le proprie rispettive filosofie, osando in termini di colori e complicazioni ma senza scostarsi dalle rispettive strategie che li hanno resi quello che sono oggi. La cosiddetta “Art of Fusion” di Hublot è stata declinata in colorazioni e materiali sino a pochi anni fa inconcepibili, confermando che di tabù in orologeria ormai ne rimangono veramente pochi: basti pensare che A.Lange&Sohne – marchio che fino a tre anni fa lavorava solo materiali preziosi – ha presentato un orologio in titanio. Questo concetto non è sfuggito nemmeno a Tag Heuer e IWC, che hanno rispettivamente introdotto sui propri modelli di punta varianti di quadranti e materiali impensabili sino a qualche tempo fa. Infine, alzi la mano chi avrebbe mai detto di vedere un giorno un Panerai in oro con calendario perpetuo.
Watches and Wonders 2022: conclusioni
Dopo quasi una settimana a Ginevra la domanda più frequente al ritorno è stata “quali sono i cinque orologi che ti hanno colpito di più?”, forse il quesito più complesso che un amante di orologi può doversi trovare a rispondere dopo una Fiera.
Non esistono infatti classifiche quando si parla di passione, quindi le cinque referenze qui sotto sono in ordine puramente casuale e hanno solo il merito di aver colpito in qualche modo il sottoscritto: Bulgari Octo Finissimo Ultra, IWC Pilot’s Waches Chronograph 41 TOP GUN in Ceratanium, Hublot Big Bang Tourbillon Purple Sapphire, Parmigiani Tonda PF Skeleton e Cartier Tank Chinoise in oro giallo.

Watches & Wonders 2022 è stata un netto schiaffo a tutti quelli che sostenevano che le fiere in formato fisico fossero ormai obsolete e superate dal digital e dai micro eventi delocalizzati, dimenticando che in fondo gli orologi sono splendidi strumenti creati da persone per altre persone. Eventi come questo uniscono, creano un contatto umano e uno scambio di idee in un contesto non replicabile online, né frazionabile in micro eventi. Questa fiera ha ricordato a tutti che una stretta di mano vale più di un like, che Zoom è utilissimo ma il titanio è leggero solo dal vivo e che per quanto il mondo corra sempre più veloce ogni tanto è bello fermarsi per un istante.